" …Non ti ho raggiunto… ma non terrò conto del viaggio in sé, quando potrò raccontarti” (Emily Dickinson)
Sono
passati 14 anni, caro ragazzo mio, ed ora è proprio necessario parlarti. Ho
aspettato che ti sistemassero la vita, come si fa con un armadio, riordinando
con cura per far pensare che si è capaci d’esprit de finesse; si è deciso che
per te fosse più importante quello che più fosse stato pubblico ed
apprezzabile, cose come i calzini di filo di Scozia e la scuola di calcio, e la
fisarmonica e il catechismo nelle sacristie opprimenti, le feste di compleanno
a bordo di piscina illuminata , e tutto un mulino bianco.
Ti parlo adesso senza
rammaricarmi delle tante occasioni perdute; queste non sono “le parole d’amor
che non ti dissi”, ma piuttosto un racconto di fatti, perché la verità va
salvaguardata, sempre, e quanto più è scomoda tanto più deve essere portata
alla luce. In questi anni ho incontrato centinaia di ragazzi di tutta Italia,
per far conoscere loro le storie di questa Calabria lacrimosa e
l’irrinunciabile diritto a sperare , perciò mi sento proprio un artigiano
narratore, e poi so tanto di te, ragazzo sensibile e riflessivo.
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La lettera è stata pubblicata dalla Gazzzetta del Sud
il 24/09/08 a cura di Giuseppe Tumino |
Ti ho
immaginato cercandoti in frasi trite e ridondanti ipocrisia, in cartacce
esaltate come testimonianze altamente morali e come esercitazione di
professionalità rara , che non erano se non conclusioni vischiose della pusillanimità
e della superficialità di chi ti considerava un numero su un fascicolo, di chi
ancora oltraggiava la tua intelligenza mentendo, come a un robottino
ubbidiente, e trattandoti come se più che minorenne tu fossi un minus. . Ancora
non so come, quando, da chi , ti sia precipitata addosso la verità, quella che
sarebbe dovuta essere una fiaba triste, raccontata con il sostegno di empatia e
di gradualità, ma pur sempre una fiaba. Invece, deve essere accaduto proprio
come si paventava : ”… perdurando il silenzio sul delitto acquisirà la verità
sulle sue origini in modo violento e becero…”.
Ti vidi la prima volta
nell’indefinibile sorpresa di un’ecografia, e poi incontrai più volte il tuo
viso chiaro. Parlare a te è facile, anche se
quando sei stato bambino non ti ho accompagnato a cercare Bellezza tenendoti
per mano, è facile anche se non siamo mai stati vicini seduti a fare le
paginette e i pensierini che disegnano il mondo . E’ facile perché ti conosco
bene, perché tu somigli a mio figlio.
Avevo un figlio bellissimo e generoso,
che non sorrideva perché il sorriso glielo avevano rubato, e gli negavano
l’affetto più grande. Donava il suo sangue ai bambini talassemici, curava
pianticelle di basilico e menta, era un figlio buono e laborioso. Avevo un
figlio alto e forte che ascoltava la canzone di Goldrake, e una sera come in un
presentimento mi dedicò “Per sempre” di Celentano. Avevo un figlio che ho
accompagnato all’altare, elegantissimo e profumato, ma non l’ha visto nessuno,
perché era chiuso in una bara. Una sera di settembre i miei figli, fratelli che
condividevano passioni e progetti, tornavano da una partita di calcetto. C’era
un albicocco ancora verde , in cortile, e dietro il muro c’era una lupara. Ho
qui nell’orecchio il rumore breve di quello sparo, ce l’ho nella mente.
Avevo
un figlio che è rimasto in croce per sei giorni, ma che ha trovato il fiato di
raccomandarmi la sua creatura. Non è spirato maledicendo, ma invece
ringraziando quanti- e sono stati molti , generosi e competenti - si
prodigavano per lui, nell’Ospedale di Locri. E ai Dottori Tallarida, Brugnano,
Mantegna affidava ancora un saluto per noi. Perché ti racconto queste cose?
Perché non scelgo espressioni di più grande efficacia comunicativa per
impressionare quanti leggeranno , e magari per impressionare te? Non so neppure
se ti raggiungeranno queste mie parole, ma i fatti questi sono, e non devo
elaborarli per renderli più interessanti , dal momento che la mia voce è stata
sempre veritiera e leale, in un oceano di chiacchiere pretestuose e ipocrite e
opportuniste. Attorno a te si sono mossi soloni e tromboni, sedicenti pedagoghi
e “gente di chiesa e di scuola”. Tanti si sentivano i soli depositari del
giudizio, i soli capaci di fare analisi e, persino, molti suggerivano azioni
risolutive… Sentenze sputate,gratuite, impietose, che mi comparavano con altre
situazioni, delegittimando le mie istanze , che finchè vivo continuerò a
rinnovare perché credo in una Giustizia indivisibile dalla Carità.
Nella realtà
della “dignitudine”, dei malintesi legami di sangue , di un utilitaristico
senso di “amicizia”, nelle molte sfaccettature della violenza agita o anche
solo accettata, tanti si sono dichiarati esperti, alla luce di questi loro
disvalori, dell’etica per un figlio. Alcuni, come in altre occasioni
mediaticamente solenni, aspettavano di misurare le mie lacrime, come se io
fossi una prefica d’Aspromonte; molti s’impegnavano a correggermi perche non
perdòno, “ eh ma quantu siti mala”… Ma l’Amore è paziente, e istruisce gli
ignoranti : “per dono”, vuol dire “in regalo” e, se può servire a qualcuno, gli
cedo la mia ecumenica quota di aria, mai la vita di mio figlio, che a Lui
apparteneva. Tu diventavi grande ed io attraversavo tribunali, perché non ero,
io, la madre biblica che si sarebbe contentata di carne squarciata.
L’Amore è
mite, e tutto sopporta: ed è stato per me così importante il tuo benessere
esistenziale, lo è tuttora, e così forte è ancora l’imperativo morale che mi
alimenta, non il coraggio, che ho salutato in una seconda bara il figlio mio
splendido. C’era stato un giuramento sulla tua testa di innocente, un’oscena
blasfema menzogna che ha portato – per Affari di Giustizia – alla profanazione
di una tomba consacrata 929 giorni prima. Mio figlio è Massimiliano Carbone, e
la Sua Memoria è il mio riscatto. A te, oggi uomo fatto e finito , ora che ti
proietti nell’autodeterminazione della tua esistenza e che ti avvii a
proseguire gli studi, auguro di essere capace di attaccare il tuo carro alle
stelle, di rivendicare sempre e dovunque il tuo diritto alla rabbia per le cose
che ami, vincendo ogni mediocrità e ogni rassegnazione.
Ti raccomando una cosa
, e che sia per te un’assunzione di impegno, te ne faccio preghiera, perché so
che vuoi fare il medico, e dunque conoscerai compiutamente la sofferenza nelle
sue molteplici forme e ti voterai a curare e confortare: inchìnati a Cristo che
rappresenta il dolore dell’umanità, e al cristo mio non risorto dalla sua
pietra violata. Vedrai madri sorreggere figli straziati e ti troverai davanti
alle scene impossibili ed alle pose tremende delle Pietà rinascimentali. Vedrai
malattia e agonia, vedrai cadaveri. Vedrai il miracolo di Dio nella sua
terribile fragilità, come io ho dovuto vedere il corpo santo di mio figlio
fatto a pezzi in un’autopsia che mi è stata illustrata con centinaia di pagine
e 76 fotografie a colori. Vedrai la pochezza e la caducità delle cose terrene,
tutte, durante un’esumazione. Conoscerai la vita nel suo riprodursi così
perfetto , colori e umori e gesti e attitudini, come ti spiegherebbero quelle
Consulenze di Genetica che tutto dicono di te, un dna che ti rende compatibile
al 99,999999%... con mio figlio , giovane uomo sano e bello, 30 anni per sempre
in un camposanto. Spesso dimenticherai il suo nome, non lo porterai nel cuore o
nella mente, sarà assente nelle tue preghiere come lo è stato nei tuoi occhi ma
tu, stanne certo, sei nato di magnifico e non colpevole amore , e sei stato amato
con tenerezza e sacrificio; perciò sii degno dei tuoi talenti e con fierezza
porta onore alla Memoria di questo ragazzo di Locri ucciso perché era amabile,
e così umiliava i miserabili, gli ominicchi disonorati che pagano in soldi e
armi e monili d’oro per fare cancellare quella grandezza e quella Bellezza che
a loro fanno ombra, e incaricano di sparare uno che tira bene nell’oscurità con
un canne mozze caricato a pallettoni per cinghiale. “Guai a voi che avete
dimenticato la Giustizia e la pietà”, dice sant’Agostino. “ Guai a voi che
avete negato verità e rubato speranza” dico, con il mio lutto che condanna, io
che sono autorevole e qualificata a questo mònito, perché sono la mamma di tuo
padre.
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